OBLIVION STORE, ...qui si vendono parvenze, ricordi, fantasmi..

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Mnemosine
view post Posted on 5/5/2006, 19:13




elfina.....quando entri...faccelo sapere... :D
 
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nottambula
view post Posted on 6/5/2006, 00:41




Mi sento molto sola in questa cantina/deposito/scatola dei ricordi...
I ricordi hanno una lunga storia, vorrei costruirla insieme a voi.
Non ho capito chi era "il magro", qualcuno di voi sì?

ma ho scoperto chi era la bimba che ho intravisto nella cantina...aveva un'arancia in mano..Nina.
E il ricordo diventa storia.


C'era una strana agitazione quel giorno, un'animazione diversa nelle strade, inconsueta e convulsa. Il freddo era quello di sempre, appena più pungente, e la neve era tanta, sicuramente più della solita di appena prima Natale.
Non c'era Natale senza neve nel paese, ma il bianco di quell'anno era davvero eccezionale.
Nina non capiva cosa stava succedendo, ma con i suoi cinque anni, partecipava a quella animazione, senza parlare, andando di qua e di là, vicino ai grandi, ai quali si rivolgeva con lo sguardo alla ricerca di una spiegazione. Ma gli sguardi, quel giorno, erano davvero troppo in alto per lei...qualcuno le regalava una carezza distratta e veloce, qualcun’ altro si prendeva la briga di dirle o forse solo di dire:
“ Tra poco dobbiamo andare...”
Sua nonna, avvolta nello scialle nero, si muoveva con calma; aveva lo sguardo ancora più triste e torvo del solito, sembrava disapprovare ogni cosa. Sua madre invece, tra le persone della famiglia, era quella più eccitata: parlava accalorandosi e spostandosi da un gruppo all'altro, seguita da Lucio, che ne beveva ogni parola e ne copiava i percorsi.
Lucio, più vecchio di lei di un anno, forse riusciva a capire cosa stava accadendo.
Nina non sapeva che ora fosse, ricordava bene che quando uscì di casa con i suoi c'era il sole e tante facce conosciute nella strada, tutte insieme, tutte in una volta, questa era la cosa più sorprendente. Era piacevole stare al sole, si sentiva meno freddo, ma era difficile guardare la neve per via dei mille riverberi scintillanti che facevano male agli occhi.
A lei piacevano molto quei piccoli cristalli illuminati: le facevano venire in mente la fiaba dei briganti della montagna che qualcuno le aveva raccontato.
Pensava al baule pieno di pietre preziose nascosto dai ladroni in fondo alla grotta, assieme al pezzetto di orecchio del signore rapito; credeva che un brigante sbadato ne avesse disseminate tante lungo la strada per la fretta e la paura dei carabinieri.
Le capitava spesso di prendere una manciata di neve nelle mani - neve grossa, consistente, piena di cristalli preziosi - con l'idea di portarsela a casa furtivamente, temendo, però, l'ira dei briganti, e ancor più l’integrità delle sue orecchie.
Ma non aveva proprio nulla da temere: la neve si scioglieva lungo il tragitto...Magari fu da lì che Nina cominciò a maturare l'idea che le pietre preziose, tutto sommato, sono una cosa effimera.
Forse era di primo pomeriggio quando i grandi decisero che era ora di muoversi, di andare. A lei non importava l'ora, non aveva cognizione del tempo del resto, era categorica come tutti i bambini e tremendamente logica: c'è il buio uguale notte, c'è il sole uguale giorno.
Aveva il suo cappotto che la teneva calda, gli stivali che affondavano nella neve e, improvvisamente, la mano di suo padre che la teneva forte, soprattutto dove la neve diventava alta e lei sprofondava. Tutto questo le bastava e la rassicurava.
Davanti a lei, ma anche dietro e di lato, altra gente, intere famiglie, per lo piu`grigie, nere e marroni che si muovevano verso una meta che lei ignorava, ma di cui riconosceva il tragitto. Sua madre e suo fratello un pò più avanti, la nonna aveva affiancato un'altra anziana e insieme parlavano senza foga, scuotendo ogni tanto la testa. Nina aveva creduto per un po’ che quella fosse una processione, ma invano aveva cercato con lo sguardo un santo trasportato o la Madonna.
Fu allora che ruppe il silenzio per chiedere finalmente a suo padre dove stessero andando.
“ Andiamo incontro a Babbo Natale “
Fu la risposta laconica che Nina si sentì dare da suo padre. Babbo Natale? Quello che arriva di notte e non si fa vedere dai bambini? E perchè aveva deciso di arrivare di giorno? E cosa sarebbe accaduto ai bambini dopo averlo visto?
Mille domande che non fece perchè la faccia ed il tono di suo padre le impedirono istintivamente di parlare.
Almeno adesso sapeva chi stavano aspettando, a chi stavano andando incontro...
Capì che erano arrivati alla meta, perchè la processione aveva rallentato il passo e i piccoli gruppi si erano ormai mescolati formandone uno unico, un po` ammassato, che non le permetteva più di vedere bene davanti a lei.
Quella scena le fece tornare in mente il brulicare delle formiche che tante volte aveva osservato sotto casa sua, tra la polvere e le pietre, in estate; osservato e schiacciato con dita piccole e onnipotenti di bimba.
Le figure scure si erano fermate e comunque si muovevano: piccoli gesti, piccoli passi per non gelare, perchè era impossibile contenere l'eccitazione, quel giorno.
“ Batti i piedi ogni tanto” diceva suo padre.
Lei ubbidiva perchè le piaceva calpestare
la neve che si scioglieva e diventava poltigliosa, perchè le piaceva accontentare suo padre che quel giorno la teneva per mano ed era tutto suo.
Poi tutti cominciarono senza alcun nervosismo, a guardare verso il cielo, un cielo bianco e azzurro come il fiocco che, quel giorno, le teneva stretti i capelli pettinati a coda di cavallo.
Erano giunti alla periferia alta del paese, dove gli abeti si aprivano per lasciar posto ad una larga radura innevata e assolata. Non dovettero aspettare a lungo...
Qualcuno additò un punto nel cielo urlando qualcosa, il brulichio aumentò e presto tutti gli sguardi furono rivolti verso l'alto..
Nina non vedeva niente, sentiva però un rumore a lei sconosciuto, un rombo che non era di tuono, sempre più forte, più vicino, che la costrinse a portarsi le mani alle orecchie.
Le vide quando ormai si stagliavano bene nel cielo: strane macchine rumorose che si abbassavano sempre più, smuovendo e sollevando neve, scialli, cappelli.
La gente cominciò ad agitare le mani, quella di suo padre stringeva la sua un po` più forte. Cos'erano quegli strani uccelli scuri? E perchè Babbo Natale arrivava adesso? Com'era e perchè tutti quanto lo aspettavano? Mille domande inespresse, il cuore che batteva, ma non chiese: suo padre non avrebbe comunque potuto sentire.


Ormai i grandi uccelli erano molto bassi, ma non toccarono mai il terreno e neanche Babbo Natale lo fece. Cominciarono a venir giù tanti pacchi, ma senza carta da regalo. Ad ognuno di essi era attaccata una etichetta che sballottava di qua e di là mossa dal vento.
I pacchi atterravano sulla neve, uno dopo l'altro... Era uno spettacolo che affascinava Nina, anche se continuava a non capire.
Le sarebbe piaciuto avvicinarsi di più, ma suo padre non si muoveva, nessuno si muoveva; solo dei carabinieri apparsi dal nulla, si erano avvicinati e cominciavano a raccoglierli e caricarli su una camionetta. Altri pacchi continuavano a scendere, lei seguiva i movimenti di un uomo che si sporgeva da uno di quegli aggeggi rumorosi e li lanciava.
Era lui Babbo Natale? Nina non era molto convinta. Non aveva l'aspetto di un vecchio nonno, non poteva essere lui.
La distrasse un pacco che venne giù più in fretta, proprio verso di loro. Seguì con occhi fissi ogni suo movimento, finchè atterrando si ruppe....
Grandi, tonde, arancioni, cominciarono a sparpargliarsi frenate nel loro tentativo di fuga, dalla neve. Erano arance.
Tanto arancione sul bianco, proprio lì a due passi da lei. Un'arancia aveva percorso un tragitto più lungo, arrivandole vicinissima. Non dovette che piegarsi e raccoglierla. Era fredda e tonda: la teneva tra le mani come un piccolo tesoro temendo che qualcuno la sgridasse, gliela portasse via. Ma nessuno fece nulla.
Alzò lo sguardo verso suo padre ed incontrò il suo sorriso. Voleva dire che era sua, dunque? Per sentirla meglio si liberò dei guanti di lana: era proprio bella grande, una bellissima ruvida palla arancione.
Le venne da piangere. Le lacrime gliela ingrandivano e gliela facevano tremare un pò e lo spettacolo era ancora più bello. Nina non si rese conto di quanto rimase con quell'arancia in mano, ma quando alzò lo sguardo per rivederle, le arance sulla neve, non ne vide più neanche una.
L'immagine di tutte quelle bocce colorate e sparse sulla grande distesa di bianco si era già fermata indissolubilmente dentro di lei...
Anche oggi un certo arancione, l'arancione di quel giorno, di quelle arance, la commuove: le riporta il freddo, la neve, la processione di figure nere, grigie e marroni e quel Babbo Natale che non vide ma che poi ha sempre aspettato dal cielo, con la sua macchina tanto rumorosa a forma di uccello...
Molti anni dopo Nina seppe cos'era successo quel giorno; qualcuno le disse che il suo ricordo risaliva al 1956, l'anno della grande nevicata.
Il paese era da giorni isolato e gli elicotteri militari erano venuti a lanciare viveri e medicinali. Molti bambini morirono quell'inverno, di meningite; perse anche lei un fratellino qualche mese dopo quell'avvenimento...
Di Babbo Natale imparò in seguito, molte cose, ma soprattutto che arriva con la slitta.
Nonostante ciò, qualche volta, quando sente un elicottero nel cielo, le viene da pensare a lui. Per un attimo.
 
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le_signet
view post Posted on 6/5/2006, 09:05




Eccellente! Grazie!

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Mnemosine
view post Posted on 6/5/2006, 16:06




tutte le domeniche quando si svegliavano sentivano il rumore del vento e il profumo di salsedine, ogni estate fin da quando aveva meno di un anno si recavano lì, forse perchè l'ambiente era molto casalingo o forse perche in caso di necessità avrebbero potuto tornare velocemente a casa, visto che si trovavano ad appena un ora di macchina.

A colazione, si poteva scegliere latte con i biscotti o un uovo sbattuto con il marsala, a sbatterlo era il babbo, perchè con le sue manone e la sua forza era capace di rendere l'uovo mischiato con lo zucchero liscio come la crema.

Suo fratello la mattina la salutava con un bacino e le diceva:
"ciao cichi, quanti castelli facciamo oggi?"
 
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nottambula
view post Posted on 6/5/2006, 23:23




Ecco di chi erano le conchiglie sulla mensola!
 
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nottambula
view post Posted on 6/5/2006, 23:57




Qualcuno, qui, mi parlò di scatole dei ricordi.
Allora lascio la mia, così, socchiusa; ma se ci si guarda bene ci si può riconoscere una foto della Toscana, il copione di Riccardo III, un asino che vola ed un violinista, il rosso delle bandiere, una canzone di Tenco, amici che non ci sono più e la piccola Venezia.
Non so se può bastare, come pegno..., ma è tutto ciò che ho
(grazie yorick 71 )

Da Hanna Derrida Il 02.04.02 20:42

biutiful rum era il suo sprannome perchè lo andava urlando attraverso Piazzale Roma
tutto il santo giorno
poi tornava a Torcello, con l'ultimo traghetto, verso le otto.
L'aspettavano in piena sinfonia famelica i suoi trenta gatti.
La presi una sera, la sua biutiful rum, ragazzi...che prezzi!
Venni subintaneamente informata che in quella stanza ci aveva dormito Mr. Hemingway, allora chiesi il prezzo, ma poi accettai, ugualmente.
Ma non riuscivo a prendere sonno, così me ne uscii nella spaventevole notte della laguna pustolosa e incostudita.
La prima visione fu quella dell'annegata, girata e rigirata nel fango limaccioso da onde deboli come fiamme di candela.
Cambiai posto, e faceva freddo...quasi, il vento umido e odoroso faceva germinare alghe tra i capelli che si sollevavano con pazienza pesante.
Il buio era totale. La seconda visione fu quella del pesce d'oro, un guizzo di luce che si sprigiona dall'acqua, fuoco fatuo o filo dei desideri. Ne avevo giusto due, pronti.
Ne spesi uno per una bambina, che dormiva serena al riparo dalle zanzare in qualche punto laggiù della pianura, e l'altro per me, un sentinella in più contro il mio male.
Mi mancava il terzo, ma un miagolìo lascivo mi distrasse, mi tornò in mente lei e i suoi gatti e mi misi a cercarla....


Da Panna Il 03.04.02 06:43
Mi scusi, non l'ascoltavo, sono atterrita da quei due sugli sgabelli, non riesco a levargli gli occhi di dosso, se vado in un altra stanza ce li ritrovo, dobbiamo buttare le forbicine? Togliere le uova di cioccolato dal cofano? Scendere dai tacchi? Dichiarare una volta e buona che abbiamo falsificato la (nostra) firma? Disinnescare quell'ordigno messo un sacco di tempo fa? (ma se non è scoppiato finora...)
Oh, cazzo! E Lei se ne sta a Venezia. E qua è capace che fanno una retata...
Mo' me ne vado pure io. Lo sa che sarebbe il secondo magazzino che viene sequestrato in blocco? Mo' mi travesto. Lo sa che certi li hanno perfino torturati?
Mo' glielo dico, a quelli, che la responsabile del magazzino se ne sta a Venezia nella stanza di Hemingway. Intanto hanno alzato un quadro del signor biandbo e ci hanno trovato un geco VIVO.



Un foglio stampato,per fortuna!
Era il 2002 ed eravamo in tanti...dove siete? dove siete?
non importa...ora siete qui.
 
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le_signet
view post Posted on 7/5/2006, 13:17




Che simpatia. image

Grazie, naturalmente.
 
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Mnemosine
view post Posted on 7/5/2006, 14:46




lo vide, uscire da buio sotto le scale, non ri reggeva bene sulle gambette, era arruffato, con il pelo dritto, un musetto domandante e un solo occhietto aperto: era un Mostriciattolo.
-miao...
e scappò...

era lui, non poteva non essere lui.
 
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nottambula
view post Posted on 21/5/2006, 00:56




Un mazzo di fiori capovolto appeso alla cantina della mente...
eventi che possono sembrare sogni...

1982


1992:

Primo giorno

Sono quasi le tre, sono in ritardo. Spero che lo sia anche il paziente. Lo studio non è distante da casa, devo solo sperare di non trovare traffico e di incappare nell’”onda verde” dei semafori.
Mi è andata bene. Parcheggio a scheggia, scendo rapida dall’auto e sto già frugando nella borsa alla ricerca delle chiavi dello studio. Le trovo subito. Una serie di miracoli, oggi! Apro la saracinesca mentre do un’occhiata veloce alla mercedes parcheggiata di fianco alla mia punto. Non è il mio paziente. Entro, sistemo la scrivania ed ho persino cinque minuti per riprendere fiato. Pomeriggio intenso di lavoro, storie sempre nuove in un contenitore vecchio di miliardi di anni, emozioni e fatti che furono, sono, saranno. Mi piace il mio lavoro. Sono le otto. C’è luce. Le giornate si sono allungate di colpo, non me n’ero accorta. Come cambiano i tempi dei nostri gesti a seconda del tempo a disposizione: rimetto a posto la scrivania, vado in bagno, mi sciacquo le mani. Agenda e borsa. Chiudo lo studio. Tutto a ritmo lento. Alle tre ero rock ora sono blues.
Mi avvicino alla macchina. Salgo e la rivedo, parcheggiata dall’altro lato della strada. Di nuovo la mercedes. Non è un mio paziente, ma di fianco al mio, c’è uno studio dentistico. I dentisti i soldi li fanno davvero, avrà cambiato macchina.
Accendo la radio e mi avvio. Leonard Cohen mi accompagna nostalgico.

Secondo giorno

Stamattina ho dovuto sbrigare tutta una serie di commissioni. Decido di mangiare qualcosa nel bar vicino allo studio, così faccio con calma. Ho parcheggiato e aperto la saracinesca, evito di farlo dopo. Al bar ci arrivo a piedi, è a meno di trecento metri, è caldo oggi. La gente è già a tavola, praticamente non incontro nessuno. Vado proprio piano per non arrivare subito. Dal giardino dell’avvocato mi arriva il profumo intenso del virginalis, mi fermo ed annuso l’aria come i cani, poi proseguo. Il bar non ha pretese. Mi cerco un tavolino appartato, ma sento gli sguardi degli operai di un cantiere aperto che sono in pausa. Mi arriva il toast e la birra ordinati e la sigla del telegiornale. Non so se è peggio il sapore del toast o delle notizie che sento. Bevo la mia birra in questo bar che odora di popolo. Il caffè me lo faccio servire ad un tavolo fuori, sento il bisogno di fumare e l’aria oggi è quasi estiva. Bizzarro questo tempo. Sono le due e mezza. Ancora mezzora. La birra mi ha un po’ intorpidita ma mi ha messo di buonumore. Pago e mi avvio. Incontro un anziano in bicicletta che mi saluta. Non lo conosco, ma gli anziani ancora salutano gratuitamente. Il gatto delle pompe funebri mi guarda con la faccia ottusa, io lo saluto e lui scappa. I gatti non salutano gratuitamente. Mi fermo davanti al giardino dell’avvocato e respiro a pieni polmoni un ramo pieno di fiori che prudentemente non si affaccia dal cancello. Potrei infilare una mano, reciderlo e portarmelo in studio, ma non lo faccio. Mica per l’avvocato e neanche per il virginalis, perché il tizio del mercedes mi sta guardando.
Ricambio rapidamente lo sguardo, non è il dentista. Sento che continua ad osservarmi, che faccia pure. Apro lo studio ed entro. Una sigaretta prima di cominciare. Poi inizia la circumnavigazione delle anime. Esco con l’ultimo paziente che ha deciso di farmi compagnia mentre chiudo lo studio. E’ impossibile non vederla, la mercedes, è esattamente dov’era alle tre. Lui è seduto al posto di guida e fuma il sigaro con il finestrino aperto. Lo spio con la coda dell’occhio, lui non finge neanche, mi guarda e basta.
Ma chi è?!
Saluto la paziente e salgo in macchina. Inversione a u che mi costringe a fiancheggiare la sua. Lo guardo tranquilla, lui accenna un sorriso. Accelero ma il semaforo rosso mi blocca. Guardo nello specchietto retrovisore, anche lui si è avviato. E mi segue. Dieci minuti e sono a casa. Allora non è casuale. Questa cosa non mi piace. Non mi piace che ora sappia anche dove abito.

Terzo Giorno

Oggi vado a lavorare più tardi. Me la prendo comoda. Pranzo tranquillo, musica soft in sottofondo, gioco un po’ con il cane. Poi mi vesto e mi trucco con maggior cura e vado. Faccio finta di non vederli, lui e la sua mercedes.
Scendo dalla macchina, apro lo studio ed entro. Mi concentro sul mio lavoro. Accompagno il paziente delle sei fin sull’uscio, giusto per sbirciare fuori. Non c’è. Bene. Alle otto, è di nuovo lì. Comincio ad innervosirmi…Ma chi è? Cosa vuole da me? Non ho sospesi in giro, né parenti mafiosi..e poi..è troppo distinto per essere un sicario..anche se non si può mai dire…Ma che vado pensando? Mi dico da sola.
Entro in macchina ignorandolo. Mi avvio piano, svolto l’auto e il semaforo mi ferma. Ci fosse una volta! Lui mi è dietro. Al verde scatto e volo, cambio strada. La punto fa quello che può. Lui c’è, come Dio. Accosto appena posso, lui pure. Sono veramente infastidita. Scendo dall’auto e vado verso la sua. Lui non scende, mi guarda. Mi chino all’altezza del suo finestrino, sperando che non mi spari in faccia e controllando il fastidio, gli chiedo
-allora, che vuole da me?
-…sì, mi rendo conto che la cosa può averla infastidita, ma non volevo…
Non lo faccio finire
-ecco, mi ha infastidita, dunque la smetta!
-senta, io vorrei parlarle..non ha nulla da temere, mi creda. La voce è grave ed il tono pacato.
-ma cos’è? Un approccio? Perché se è così, guardi, proprio non m’interessa!
-non è un approccio. Vorrei solo invitarla a bere un caffè, a pranzo…
Sembra una supplica, ora.
-ma perché?!?!
-cosa le costa? Non ha nulla da temere in un luogo pubblico, no?
-mi scusi…ma non ne vedo il motivo. Ci conosciamo? Non mi pare. E’ parente di un mio paziente e vuole qualche informazione? Guardi che…
-no, no…non ci conosciamo, non ho parenti che vengono da lei, non sono neanche di questa città. Sono qui di passaggio e vorrei che lei pranzasse con me. Poi capirà.
-senta.. ho già perso del tempo, non m’interessa questa cosa. Buona serata.
Mi avvio sconcertata e infastidita.
-ci pensi, la prego! Mi dice sporgendosi dal finestrino.
Sei fuori di testa, ecco cosa penso io.

Quarto giorno

E’ giovedì. Sarà una giornata campale. Torno al bar per mangiare qualcosa al volo e in piedi. Gli operai non hanno ancora staccato. Pochi gli avventori. Ho appena finito il mio toast, per poco la birra non mi va di traverso.
-due caffè…posso offrirle un caffè, vero? Me lo trovo di fianco, elegantissimo e sorridente.
Il barista li sta già preparando. Non mi va di discutere in pubblico, quale che sia il pubblico.
-Ci sediamo fuori, dico, e il tono mi esce perentorio.
Ci sediamo ad un tavolino al sole, lo guardo con le braccia conserte e mi sento lo sguardo duro.
-si rilassi, la prego…è solo un caffè.
-la sua insistenza rasenta la cattiva educazione, lo sa?
-non sia così severa, la prego…e lasci che la guardi
-se pensa che la cosa mi lusinghi, ha sbagliato persona, mi creda! Sono vecchia di intorti…e anche lei non è più un ragazzino, mi pare.
-non sto cercando d’intortarla…lei mi sta facendo un grosso dono.
Lo guardo scettica, mentre sorseggio il mio caffè.
E’ impressionate, mi creda..davvero impressionante! Lo dice con un tono così assorto e pacato che mi spiazza. Mi arrendo e mi rilasso.
-mi dice cos’è impressionante?
-domani a pranzo. Ma non qui. Scelga lei il posto e si ritagli un’ora.
-la sua insistenza mi incuriosisce persino, dico un po’ acida… Cos’ho da perdere? Prenota lei?
Gli dico il posto e l’ora, ringrazio per il caffè e vado.

Quinto giorno

Lo trovo davanti al ristorante che mi aspetta. E’ distinto e garbato nei modi.
Ho indossato un gessato blu, sdrammatizzato da una maglietta fucsia, ho i tacchi alti e mi sono tirata su i capelli. Sono molto professionale oggi, da pranzo di lavoro.
Mi apre l’uscio del ristorante e il cameriere ci accompagna in una saletta riservata.
-sta molto bene, vestita così.
-grazie…allora?
-non vuole pranzare prima?
-va bene…pranziamo prima..
-io so alcune cose di lei, come si chiama, il lavoro che fa, dove abita e sorride quasi a farsi perdonare.
Comincio dicendole che mi chiamo Sandro, che sono di Milano e sono ingegnere.
Il cameriere arriva con il menù. Ordiniamo e lui prosegue.
Sono sposato, anzi lo ero, ma lei se n’è andata. Ero innamoratissimo, eravamo innamoratissimi…ma lei mi ha lasciato.
E’assorto, capisco che sta rivedendo qualche scena del passato. Perché lo ha lasciato? mi verrebbe voglia di chiedere...ma non chiedo, se vuole me lo dirà.
Arriva il primo, ..davvero delizioso! Me lo gusto con calma, sorseggiando dell’ottimo vino rosso. Il secondo non è da meno. Il vino mi ha sciolto e sono persino più magnanima.
-Lei non è una da dieta? Mi dice sorridendo
-assolutamente no, merito del mio metabolismo..non ingrasso granchè. Glielo dico un po’ compiaciuta.
Anche Silvia amava la buona tavola. E s’intristisce.
-senta, perché non smette un po’ di pensarci? Lei non è qui, si goda pranzo e compagnia.
-lei è qui, mi creda.
Mi guardo in giro sconcertata. Ma che ha combinato? Mi usa per far ingelosire la sua ex moglie? Negli altri tre tavoli due uomini, una coppia di anziani, un signore da solo…
Lo guardo interrogativa.
-lei…è Silvia!
-senta…
Il cameriere arriva con il caffè.
-lei pensa che io sia matto vero?
-assolutamente sì, lei che penserebbe?
- la stessa cosa…
Apre la sua 24ore e tira fuori una busta gialla dalla quale sfila delle foto.
-le guardi..
le guardo e mi irrigidisco. Vedo me.
-che scherzo è questo? Chi gliele ha date?
Scatto in piedi indignata, penso di andarmene.
Si fermi, la prego…
-è uno scherzo idiota, e vorrei sapere a cosa le serve!
-le guardi bene, per favore!
Le torno a guardare risentita restando in piedi e in silenzio. Gli abiti che indosso non sono i miei, mai posseduto uno Chanel, non rientra nei miei gusti e guardando meglio, lei è diversa, ha qualcosa di diverso. In un primissimo piano ha persino lo stesso colore di occhi, non ha le efelidi che mi ritrovo sul naso, nè i nei sulla guancia sinistra, e l’espressione è più felice della mia abituale.
-impressionante, vero?
-sì, se non fosse per alcuni particolari e per l’aria davvero felice, potrei dire che sono un bel fotomontaggio.
La guardo ancora. Sempre più incuriosita. Sapevo di questa storia dei sosia che abbiamo in giro, ma la somiglianza è straordinaria. Mi fa uno strano effetto.
-aveva i capelli più mossi rispetto ai suoi ed era più alta, ma vi somigliate persino nei gesti.
-non so che dire…credevo fossero cose da film. Scorro le foto e lei mi guarda radiosa.
-adorava i gioielli…lei?
-non ne faccio una malattia…allargo le braccia per fargli notare che ne sono sprovvista, anello a parte.
-anche le mani sono uguali. Come le muove. Silvia era molto attenta ai particolari..era l’incarnazione della perfezione, per me, certo…
Riguardo le foto. Perfetta in ogni dettaglio, vero. E di classe. Nulla che stoni nelle sue mise.
-capisce, ora?
-ci provo. Devo mettermi nei suoi panni, pensare a come avrei reagito nel vedere un uomo molto simile a quello che mi ha lasciata…
-capisce perché ho insistito? Lei mi sta facendo un dono davvero grande, cioè....quando l’ho vista la prima volta, per caso, davanti al suo studio, ho creduto di avere un’allucinazione. Mi sono dovuto fermare tanto era lo sbigottimento e l’emozione. Poi ho controllato i suoi orari, sulla targa esposta fuori dal suo studio…ho prolungato la mia permanenza qui…il resto lo conosce. Mi spiace averla spaventata. Ma non potevo fare altrimenti.
Lo guardo in silenzio e spero di non avere un’espressione di Silvia. Il suo viso tradisce una sofferenza incontenibile.
-Io dovrei andare, ora. Gli dico raddolcita. So che gli farebbe bene parlare, ma non mi viene da chiedere, il suo dolore ha già raccontato.
Chiede il conto e ci avviamo verso le macchine.
-Grazie per il pranzo. Chissà…magari la ritrova. A volte si torna indietro nella vita.
Non lo penso veramente.
-chissà…grazie per la pazienza e per la disponibilità. Lei mi ha regalato delle belle emozioni. Stia bene e non si preoccupi, va bene così.
-Anche lei.(non mi preoccupo, e di che? Mi dispiace per lui, questo sì). Cerchi di tornare a vivere.
Ci stringiamo la mano, lui indugia nella stretta. Mi guarda con una dolcezza struggente.
Vorrei poterlo consolare, dirgli che ci sono altre donne che potrebbero renderlo felice ancora. Ma taccio. Certi amori, forse, sono inconsolabili.
Nessun arrivederci. Io non ci tengo a rivederlo e lui non cercava me.

Sesto e settimo giorno
Sabato e domenica per me sono sacri. Non lavoro, cerco di vivere. Ho ripensato a questa strana situazione, Non è reale, non è vera..è un copione da film. Forse quel tizio mi ha presa in giro, forse ha voluto testare le mie qualità professionali, vedere come me la cavo con la mistificazione. Penso a come posso esserne uscita. Penserà di avermi convinta? Di essere riuscito nel suo intento? Sono rimasta scettica fino alla fine, o quasi.. Bravo attore, com’era vera la sua sofferenza. E se fosse tutto vero? Può essere che ci siamo persone molto simili a noi, sparse nel mondo.. può essere che ci siano uomini che amano così, che certi amori sopravvivano alla loro fine. Un po’ fuori tempo magari.. oggi anche gli amori si consumano in fretta.
Può essere che lui avesse preso un granchio, che magari lei non lo meritava.

-

Ottavo giorno

Torno a lavorare e la cerco la mercedes blu, quasi mi manca.
Non c’è. Capisco che lui è andato via.
Quel po’ di emozione che gli serviva, che gli è capitata, se tutto era vero, se l’è presa.
Missione mia, non cercata e non voluta, compiuta.
Soliti gesti, apro la saracinesca, la porta dello studio, poggio la borsa, l’agenda…
Di nuovo c’è una piccola nostalgia.
Suona il citofono.
Non può essere il primo paziente, manca mezzora e sento che non è neanche lui.
Vado ad aprire personalmente. E’ il mazzo di fiori più grande che abbia mai ricevuto in vita mia: tutto sui toni del rosa e del giallo…tulipani,rose, lilium. I miei fiori preferiti. Mancano solo i papaveri. C’è un biglietto di accompagnamento.
Il ragazzo della consegna si aspetta la mancia. Questi fiori la valgono tutta, sì. Lui va via soddisfatto.
Non so dove mettere il mazzo, faccio scorrere un po’ d’acqua e lo adagio nel lavandino. Devo comprare un vaso più grande.
Poi mi siedo e leggo.

“ Non ritroverò più Silvia perche lei è morta e da questa situazione proprio non si torna indietro. L’ho amata tanto, ci amavamo tanto e mi piace pensare che sia stata proprio lei a permettere questo incontro, perché la rivedessi ancora una volta, perché il mio dolore avesse una piccola tregua. Lei è stata veramente gentile, merita assolutamente quello che troverà dentro al mazzo. Non si stupisca, e lo accetti senza imbarazzo. Silvia non avrà da ridire, se è lei che ha voluto che la incontrassi, allora vuol dire che quel che ho fatto è buona cosa.
Le auguro sinceramente di essere felice. Sandro”

Torno in bagno e guardo dentro al mazzo. Ancorata con un nastro d’argento agli steli delle rose, una piccola scatola blu.La stacco e vado a sedermi.
La apro lentamente. E’ bellissimo! Un diamante incredibilmente bello. Non riesco a capacitarmi di quanto stia accadendo. Mi precipito verso la porta, apro, ho la sensazione che lui ora ci sia. La mercedes sta andando lentamente nella direzione opposta al mio studio, è già lontana, neanche correndo potrei raggiungerla. Ma lui mi ha vista, si aspettava la reazione o forse voleva vedere Silvia un’ultima volta. Sporge la mano dal finestrino, la solleva in segno di saluto. Rispondo al gesto con malinconia. Rimango lì finche la macchina non viene inghiottita da una curva.
Non conosco il suo cognome e neanche il suo numero di telefono e non ho preso la targa della macchina.. Non posso restituire il regalo né ringraziare.
Rientro costernata e chiudo la porta. Il profumo dei fiori è intenso e inquietante. Silvia è qui, Silvia non mi fa paura. Mi sembra di avvertirne la presenza. Non mi sembra sciocco dire a voce alta”ciao, Silvia” e neanche aprire la porta per farla uscire, perché vada da lui o lo lasci per sempre.
Il diamante è rimasto pietra, non è diventato un anello. Ogni tanto lo guardo, prova tangibile di qualcosa che non ho sognato. Non è diventato anello. L’anello è un pegno d’amore, il diamante è per sempre. Tutte le volte che ho pensato di dargli quella forma, mentalmente lo chiedevo a lei “lo faccio, Silvia?” e la risposta era sempre la stessa ”non è ora..” E dunque aspetto.









 
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arwen56
view post Posted on 21/5/2006, 13:49




Molto bello, Nottambula, davvero molto bello.

Ma tu scrivi solo per passione oppure pubblichi i tuoi pezzi? Questo lo meriterebbe. Una limatina qui e là e sarebbe pronto.

I miei sinceri complimenti. Mi hai emozionato.
 
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nottambula
view post Posted on 21/5/2006, 19:47




Grazie, Arwen.
Scrivo solo per passione. Non saprei a chi darli i miei racconti.
Cosa limeresti? mi interessa il tuo parere, dunque accetto suggerimenti. I complimenti fanno piacere, ma le critiche costruttive migliorano( le persone e i racconti).
A presto
 
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Mnemosine
view post Posted on 21/5/2006, 23:33




che dire...nott....è bellissimo....davvero bellissimo....

mi sembra di vederti mentre chiedi a silvia....

un bacio image
 
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rimmel..
view post Posted on 22/5/2006, 08:33




Ciao nottambula, complimenti anche da parte mia :-)
Bello ed appassionante, brava!
 
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arwen56
view post Posted on 22/5/2006, 22:52




CITAZIONE (nottambula @ 21/5/2006, 20:47)
Grazie, Arwen.
Scrivo solo per passione. Non saprei a chi darli i miei racconti.
Cosa limeresti? mi interessa il tuo parere, dunque accetto suggerimenti. I complimenti fanno piacere, ma le critiche costruttive migliorano( le persone e i racconti).
A presto

Nottambula, io non ho titolo alcuno per darti dei suggerimenti. Parlo solo da accanita lettrice e nient'altro. Quindi prendi le mie osservazioni per quel che sono, ossia quelle di una profana in materia.

1) Io credo tu scriva piuttosto di getto, nel senso che ti viene l'idea e la butti giù, senza rileggere più di tanto. Questo modo di procedere è ottimo per dare freschezza al racconto. Ma, nell'ottica di pubblicare i tuoi testi, serve un lavoro di rifinitura, a mio parere.

2) La protagonista accetta di bere un caffè con lo sconosciuto. Ok, psicologicamente ci siamo: è incuriosita, il luogo dell'incontro è pubblico, quindi non corre pericoli. Però poi accetta anche di procrastinare la spiegazione del comportamento dell'uomo ad un successivo incontro. Questo fatto lo capisco meno. Lei è comunque diffidente, è una persona seria, ha già dovuto vincere se stessa per dire sì una volta, perchè farlo una seconda volta? Questo passaggio lo rivedrei.

3) Buona l'idea della pietra che resta pietra e non diventa anello. Ma perchè tirare in ballo Silvia? Tra la protagonista e Silvia non c'è alcuna empatia e non potrebbe essere diversamente. Silvia è un fantasma della vita di lui, non di lei. L'attenzione/attrazione della donna è tutta per Sandro. Non è credibile che si senta in comunione con Silvia tanto da sentirne la presenza e da chiederle se deve o meno trasformare la pietra in anello. La chiusa deve essere risolta diversamente, a mio parere. E poi eviterei la frase "L’anello è un pegno d’amore, il diamante è per sempre." Fa troppo pubblicità De Beers. E il tono scade.



Nottambula, non ti offendere per quel che ho scritto. Ripeto, io mica sono un critico letterario, parlo solo da lettrice. Però leggo con piacere ed amore.

Posso chiederti un favore? :)
 
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nottambula
view post Posted on 24/5/2006, 22:33




Arwen, offendermi?
Ti ringrazio piuttosto. Ho apprezzato le tue osservazioni tanto che riprenderò in mano il racconto e vedrò come intervenire.Lo lascio decantare un po'.
Hai ragione:partorisco di getto e dimentico di lavare il bambino! :rolleyes:
Riguardo al primo punto: perchè accetto il secondo invito. Perchè lui butta qua e là frasi sibilline" capirà...non deve preoccuparsi" che stuzzicano oltremodo la mia prudente curiosità( anche il secondo incontro avviene in un luogo pubblico).
Poi c'è Silvia, a come mi rapporto con lei. Ti dirò che non sono riuscita a rendere le mie emozioni su di lei proprio per niente. Ma lei c'era e c'era una sorta di..."invidia?" per come era stata amata.
E mi veniva davvero di parlare con lei, ma non ho reso.
Devo rivedere.
Il diamante per sempre è proprio da pubblicità, era brutto già quando lo scrivevo.
:D
Mi chiedi un favore, assolutamente sì per quanto mi sarà possibile.
Un abbraccio
 
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37 replies since 1/5/2006, 01:35   779 views
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