Le storie dell'ippogrifo, Capitolo 5: Alle cinque della sera

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lamya
view post Posted on 23/12/2005, 12:29




................Alle cinque della sera.
................Eran le cinque in punto della sera.
................Un bambino portò il lenzuolo bianco
................alle cinque della sera.
................Una sporta di calce già pronta
................alle cinque della sera.
................Il resto era morte e solo morte
................alle cinque della sera.


...............(Garcia Lorca)

Erano su per giù le 17 del 30 giugno 1991.
Angelica aveva lasciato l’ospedale qualche ora prima ed era corsa a casa a controllare che tutto procedesse bene a casa per i suoi bambini.
Erano mesi che faceva la spola fra le corsie dell’ospedale e la casa con due figli piccoli da accudire.
Due mesi fra due vite appena cominciate ed una che stava per finire.
Com’è facile dare la vita, com’è difficile morire.
Avevano diagnosticato il tumore a suo padre nove mesi prima, quegli stessi nove mesi di gravidanza che le erano serviti a dare alla luce i suoi figli.
La vita e la morte.
Due eventi così fondamentali nello stesso tempo si erano incrociati nel mezzo della sua vita , due eventi ai quali non era preparata.
Sembrava uno scherzo del destino, oppure una carezza, quasi che l’uno fosse di supporto all’altro a bilanciare la gioia ed il dolore.
Equilibri insopportabili.
Quando un medico ti consegna una diagnosi di morte certa ti senti all’improvviso scaraventata nell’angolo più stretto della stanza, i soffitti si fanno alti e le voci si dilatano.
Non è vero.
Non è vero ti ripeti e cominci la tua corsa a cento all’ora per fuggire, per trovare qualcuno che ti salvi.
Poi, Angelica cominci a rassegnarsi fra le corsie degli ospedali , disarmata negli occhi spalancati di suo padre in chemioterapia, magro nel pigiama che cadeva senza grazia sui suoi piedi, nella pelle che cambiava il suo colore naturale, nei capelli lasciati a mucchi sul cuscino.

Il vento portò via i cotoni
alle cinque della sera.
E l’ossido seminò cristallo e nichel
alle cinque della sera.
Già combatton la colomba e il leopardo
alle cinque della sera.
E una coscia con un corno desolato
alle cinque della sera.
Cominciarono i suoni di bordone
alle cinque della sera.
Le campane d’arsenico e il fumo
alle cinque della sera.
Negli angoli gruppi di silenzio
alle cinque della sera.
Solo il toro ha il cuore in alto!
alle cinque della sera.


Capì all’improvviso che aveva perso la partita e che nulla e nessuno lo avrebbe salvato; nessun medico, nessuno stregone, né le preghiere per un Dio che non esisteva, ma al quale ci si aggrappa quando non resta null’altro.
Erano le cinque dunque, quasi le cinque della sera ed i pensieri le si attorcigliavano intorno mentre guidava come un automa fra le strade che tagliavano sinuose la campagna.
C’era un sole fastidioso che bucava anche gli occhiali da sole mentre lei cercava di rallentare il tempo che separava l’ospedale dalla sua casa.
Avrebbe voluto tornare indietro, e tenergli la mano ancora un poco e dirgli delle cose, ma c’erano i bambini ad aspettarla così spinse il pedale dell’accelleratore, giù fino in fondo.
E’ buffo, quando si cammina ti lasci sempre qualcosa alle spalle per andare incontro a qualcosa; questo lo aveva capito ormai da mesi nel suo andirivieni da un posto all’altro, come il pendolo che va e ritorna in un ritmo sempre uguale
Arrivò a casa trafelata come al solito, infilò la chiave nella serratura dell’uscio e le voci dei bambini le vennero incontro.
Le voci dei bambini hanno un potere magico, disegnano un’altra dimensione e cancellano le paure.
Poi squillò il telefono.
Alzo la cornetta e c’era la voce di sua madre : “ è finita, papà ci ha lasciate”.

alle cinque della sera,
la morte pose le uova nella ferita
alle cinque della sera.
(…)
No.
Non voglio vederlo!
Non v’è calice che lo contenga,
non rondini che se lo bevano,
non v’è brina di luce che lo ghiacci,
né canto né diluvio di gigli,
non v’è cristallo che lo copra d’argento.
No.
Io non voglio vederlo!!
(…)
La pietra è una fronte dove i sogni gemono
senz’aver acqua curva né cipressi ghiacciati.
La pietra è una spalla per portare il tempo
Con alberi di lagrime e nastri e pianeti.
Perché la pietra coglie semenze e nuvole,
scheletri d’allodole e lupi di penombre,
ma non dà suoni, né cristalli, né fuoco,
ma arene e arene e un’altra arena senza muri.
(…)
Ormai è finita
Ormai è finita.

Verrà l’autunno con conchiglie,
uva di nebbia e monti aggruppati,
ma nessuno vorrà guardare i tuoi occhi
perché sei morto per sempre.
Perché sei morto per sempre,
come tutti i morti della Terra,
come tutti i morti che si scordano
in un mucchio di cani spenti.
Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto (…)


Ci vogliono anni a dimenticare un dolore e di anni ne erano passati per Angelica ed i suoi figli, 15 brevissimi anni.
Anni sui quali erano scivolate le stagioni e cento altri accadimenti, in un ritmo incessante, con un assente al quale raccontare le cose, di nascosto, sussurrate in un orecchio, a raccontare i successi , le delusioni,le paure, gli orgogli.
Il figlio di Angelica aveva lo stesso sguardo di suo padre e quel sorriso aperto di prima , di quando il pigiama non gli cadeva di dosso.Aveva lo stesso amore per l’azzardo e di questo lei aveva paura, la stessa propensione all’arte, e lo stesso numero di ciglia a contornare gli occhi profondi.
La figlia di Angelica aveva indossato il suo medesimo talento , la stessa determinazione ad emergere e la stesso fascino ad incantare le persone intorno con quel garbo e quelle buone maniere che non s’imparano nella vita, ma sono cose di dentro.
Ciascuno lascia una traccia di sé negli altri ed Angelica era testimone di questo passaggio.
I testimoni hanno un compito importante : raccontare le cose, così come la mente le filtra, così come le manipola l’anima.
Ogni uomo ed ogni donna di questa Terra fanno questo da migliaia di anni: raccolgono il passato e lo spostano un passo avanti nel futuro perché non se ne perdano i segni.
Certo ciascuno lo fa a modo proprio , con le proprie parole , con i propri silenzi, perché i testimoni non son mai giornalisti obiettivi.
L’obiettività non appartiene a questo mondo, chiunque lo pensi s’illude, ciascuno nel raccontare gli eventi ci mette qualcosa di suo, ma ciascuno compie questo gesto necessario della memoria, senza il quale tutto avrebbe una fine al termine di un ciclo e che invece perpetua la vita oltre la morte delle cose, oltre la morte delle persone.

Angelica scriveva ogni suo racconto alle cinque della sera, là dove la vita finisce e continua.





 
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